Il glaucoma si può curare con colliri specifici
MILANO- Ci si accorge all'improvviso che qualcosa non va, magari perché non si vede da un occhio o si urta con la macchina sempre dalla stessa parte. Ma, a quel punto, non si torna indietro: quando si ha il glaucoma non vi sono possibilità di recupero funzionale. Ecco perché per tenere lontana questa malattia, che colpisce 550 mila italiani, bisogna puntare sulla prevenzione e sulla diagnosi precoce. «Per glaucoma si intende un gruppo di malattie oculari in cui la pressione endoculare è sufficientemente elevata per danneggiare il nervo ottico — spiega Marco Nardi, presidente della Società Italiana Glaucoma e professore di Malattie dell’apparato visivo all'Università di Pisa —. La forma più diffusa è il cosiddetto glaucoma ad angolo aperto».
Come si riconosce?«Non ci sono sintomi fino a quando il danno al nervo ottico raggiunge uno stadio avanzato. Si ha una perdita graduale del campo visivo fino alla visione tubulare (come guardare attraverso un foglio di carta arrotolato: il paziente vede bene, può avere anche 10/10, ma vede solo una piccola porzione, per cui è incapace di orientarsi, per esempio di attraversare la strada. Poi anche la visione centrale sparisce). Ma anche se il paziente non si accorge di nulla per anni, nel corso di una visita l'oculista può cogliere alcuni segni sospetti. Ecco perché è importante sottoporsi a controlli periodici della pressione oculare e del fondo dell’occhio. Se uno di questi due parametri è alterato si eseguono esami più specifici, come l'esame del campo visivo e indagini morfologiche per analizzare la papilla ottica o lo stato delle fibre nervose».
Quali sono le cure?
«Si può frenare il decorso del glaucoma ad angolo aperto con specifici colliri, con il laser o, nei casi più gravi, con un intervento chirurgico. La cura con i colliri di solito è efficace purché seguita con costanza. Il 34-45% dei pazienti però non effettua la terapia correttamente. Il trattamento laser ha l’obiettivo di allargare i canali da cui defluisce l’umore acqueo, ristabilendo così la pressione all'interno dell’occhio. La chirurgia classica si basa sugli interventi filtranti, tra cui il più comune è la trabeculectomia. Il decorso postoperatorio è abbastanza prolungato e complesso, per la guarigione della ferita chirurgica, e questo spiega perché si tende a riservare questa strategia a stadi avanzati della malattia, in cui la terapia medica non è efficace. Sono in fase di sperimentazione, con risultati incoraggianti, nuovi interventi in cui la zona dell’intervento viene raggiunta con un’incisione corneale e non attraverso la congiuntiva e la sclera, come avviene nell’intervento classico. I vantaggi comprendono facilità e rapidità di esecuzione, il breve decorso postoperatorio, analogo a quello dell’intervento di cataratta, senza necessità di frequenti controlli e il minor rischio di effetti collaterali (infezioni). Non solo, in caso di insuccesso è possibile ripetere l’intervento o ricorrere alla chirurgia tradizionale».
tratto da
http://www.corriere.it/salute/