Astrofisico italiano che lavora alla Nasa: non sono navicelle ma getti di ultramateria
Gli Ufo esistono. A confermarlo non sono visionari patiti di
fantascienza, ma uno scienziato italiano prestato alla Nasa. Una ricerca
approfondita, frutto di anni di osservazione. Il fenomeno in questione,
sia chiaro, non è quello degli «oggetti volanti non identificati».
Certo, gli Ufo scoperti da Francesco Tombesi, il ricercatore italiano,
«volano», quasi alla velocità della luce, e fino a oggi erano stati solo
parzialmente «identificati», ma non sono «oggetti», bensì «getti». Gli
«Ultra Fast Outflows», ecco spiegato l'acronimo Ufo, sono infatti getti
ultrarapidi di materia altamente ionizzata, espulsi a decine di migliaia
di chilometri al secondo dai buchi neri supermassicci che si trovano al
centro delle galassie con nucleo attivo. È lo stesso Istituto Nazionale
di Astrofisica (Inaf) a rendere noto i due articoli firmati
dall'astrofisico italiano Francesco Tombesi, che lavora negli Stati
Uniti, alla Nasa. Una delle due ricerche è stata pubblicata sull'
Astrophysical Journal e l'altra è in via di pubblicazione su Astronomy
and Astrophysics. È la conferma di un fenomeno che per anni non si era
mai riusciti a spiegare. I getti di materia, chiamati Ultra Fast
Outflows (Ufo), osservati da Tombesi vengono espulsi quasi alla velocità
da giganteschi buchi neri che si trovano al centro delle galassie con
nucleo attivo. «È da qualche anno che se ne osservavano alcune evidenze -
ha osservato Tombesi - ma molti astrofisici erano ancora scettici. Ora,
grazie alla nostra analisi sistematica, per la prima volta siamo
riusciti a mettere un punto fermo. E a dimostrare l'esistenza del
fenomeno». Per arrivare a questo risultato, Tombesi ha analizzato lo
spettro di galassie dal nucleo attivo distanti centinaia di milioni di
anni luce dalla Terra, utilizzando i dati raccolti dal satellite
Xmm-Newton dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa). Altri dati, in via di
pubblicazione, provengono dal satellite giapponese Suzaku. I getti sono
composti da plasma ionizzato: atomi di ferro ai quali sono stati
strappati quasi tutti gli elettroni, fino a lasciarne uno o due appena,
come fossero atomi d'idrogeno o di elio. L'interesse scientifico di
questo fenomeno è notevole: «l'esistenza degli Ufo - ha osservato il
ricercatore - ci permette di spiegare il cosiddetto feedback, cioè
l'interazione fra il buco nero supermassiccio e la galassia ospite». Non
solo: la spaventosa velocità di espulsione fa sì che, quando questi
venti sono spinti dall'emissione X dei buchi neri in direzione della
Terra, la lunghezza d'onda dell'emissione appaia contratta. Generando
così uno «spostamento verso il blu», il blueshift, rispetto al più
comune redshift osservabile nelle sorgenti che si allontanano da noi.
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