Sulla collina di Hissarlik, Troia non c’è
più. Più esattamente: la Troia di Priamo, Elena e Paride, cantata da
Omero nell’Iliade, ritrovata per avventura (e ipotesi) da Heinrich
Schliemann due millenni e mezzo dopo, non c’è mai stata - almeno allo
stato attuale dei ritrovamenti archeologici. Ha pochi dubbi, Frank
Kolb, storico dell’antichità e professore all’università tedesca di
Tübingen, la stessa in cui ha sede il Projekt Troia, che da anni è la
centrale degli scavi e degli studi nel sito di Hissarlik, a ridosso
della costa turca, nell’Ellesponto, a Sud dello stretto dei Dardanelli.
«Se vogliamo, chiamiamola pure Troia. Però nessuno degli insediamenti
che si sono succeduti a Hissarlik ha le caratteristiche di una città.
Si può parlare al massimo di una fortezza che dominava una vasta area
rurale. Ma nulla fa pensare a un importante centro commerciale o a una
civiltà autonoma, come hanno sostenuto generazioni di archeologi,
amplificando i risultati degli scavi».
Da vent’anni Kolb è
impegnato nello smontare il doppio mito di Troia: quello della sostanza
storica dei poemi omerici, e quello archeologico, iniziato quando
Schliemann disseppellì il cosiddetto «Tesoro di Priamo» e dichiarò di
aver ritrovato l’antica Ilio. Ora lo studioso tedesco tira le fila in
un libro di prossima pubblicazione, dal titolo che promette già
battaglie culturali: Troia, scena di un giallo. Politica, miti, storia
e pseudo-scoperte (edito da Schoenigh). Kolb appare come
l’anti-Schliemann, gloria dell’archeologia tedesca. Rimette le lancette
della storia a prima del 1872, quando l’archeologo dilettante di
Neubekow, usando i testi omerici come traccia e seguendo le indicazioni
pratiche dell’inglese Frank Calvert, iniziò a scavare i nove strati,
tra i quali indovinò la guerra di Achille e le porte sotto assedio,
«folte di cavalli e di fanti».
Schliemann pensava che uno
degli strati più antichi, quello oggi chiamato Troia II (2550- 2250
a.C.), in cui venne trovato il famoso tesoro, corrispondesse alla città
dell'Iliade. Il suo successore agli scavi, Wilhelm Doerpfeld, che
invece era un archeologo professionista, spostò la Troia omerica quasi
un millennio più avanti, nella tarda età del bronzo. Manfred Korfmann,
che ha diretto gli scavi a Hissarlik fino alla sua morte nel 2005,
aveva individuato Ilio nelle rovine dell'inizio del XII secolo, che
mostrano tracce di un assedio. È più o meno l'epoca in cui molti
storici della Grecia classica, come Tucidide, situano la guerra di
Troia. Insomma: la storia incontrava il mito. Frank Kolb li separa di
nuovo. «Il punto è che sono state orchestrate molte mistificazioni,
allo scopo di ottenere finanziamenti. Un fossato che serviva
probabilmente al drenaggio delle acque è stato fatto passare per
un'opera difensiva, ma non sono mai state trovate tracce di vere
fortificazioni. Un muro di cinta sembra non essere più della copertura
di una fognatura. Fuori dalla cittadella, che accoglieva solo torri e
alcuni palazzi di aristocratici, non sono mai state scavate più di
dieci case. Dove vivevano i novemila abitanti ipotizzati da Korfmann?
Inoltre, che l’ipotetica Troia del 1190 a.C. sia stata distrutta da
nemici è solo una possibilità. E non esiste nessuna prova che sia stata
attaccata da una federazione di micenei» spiega lo studioso.
Oggi,
molti archeologi, anche all’interno del Projekt Troia, hanno accolto le
critiche di Kolb. Eppure Hissarlik continua a essere un luogo di
misteri. La Troia più antica, quella di 4.500 anni fa, ha mura con
porte gigantesche; un maestoso megaron, uno dei primi esempi nel
Mediterraneo di questo tipo di costruzioni con un vestibolo a
padiglione; e il «tesoro di Priamo» somiglia molto a un altro, analogo,
ritrovato nell'isolotto di Mochlos, al largo di Creta. «Troia II era un
piccolo insediamento, molto ricco grazie alle miniere d'oro della zona.
Anche qui ci sono dei “falsi”. Un tratto di palizzata nella
ricostruzione degli archeologi diventa una cinta difensiva dell'abitato
fuori dalla cittadella. Ma ha tutta l'aria di uno steccato per il
bestiame. Il sito non ha importanza strategica o militare perché le
navi di quell’epoca non erano in grado di navigare fino al Mar Nero»
replica Kolb.
Chi erano allora gli abitanti di Hissarlik? E da
dove viene il mito? Recentemente, la Ilio greca è stata avvicinata alla
Wilusa di cui parlano documenti diplomatici ittiti, città alleata e
vassalla dell’impero di Hattusa. «Non sappiamo l’origine etnica delle
genti che vivevano a Hissarlik. La cultura sembra una miscela di
elementi nord-egei e anatolici. L’identificazione con Wilusa è stata
rigettata dagli ultimi studi. Che la situano più a Sud, in Frigia. Ilio
è un nome greco. Il mito nasce nel X secolo, durante l'emigrazione di
popoli eolici nell’Ellesponto, che volevano nobilitare la loro
colonizzazione. Rimangono impressionati dai resti della cittadella, e
vi spostano una memoria storica più antica. Personalmente, credo che
sia la spedizione dei micenei a Creta nel XIV secolo, che mette fine
alla potenza della civiltà minoica». Altri studiosi suppongono invece
che le origini della leggenda vadano rintracciate sul delta del Nilo,
dove un’armata dei popoli del mare, tra cui gli Ekwes, come gli
Egiziani chiamavano gli Achei, combatté contro l’esercito del faraone
Ramses III. Lo stesso Omero, nell’Odissea, fa raccontare a Menelao di
una sosta della flotta achea in Egitto, di ritorno da Troia. Ricerche
recenti retrodatano i primi commerci tra il Mediterraneo e le coste del
Mar Nero al terzo millennio prima di Cristo. Troia si sarebbe trovata
sulla via dello stagno, che insieme al rame serviva per la lega di
bronzo. In quel caso, Ilio tornerebbe a essere un fulcro dei commerci
nell’antichità. Sulla collina di Hissarlik, il mito continua a giocare
a nascondino con la storia.
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