08/02/15
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Il Tempio della Roccia e quello Rosso: le ultime clamorose scoperte a Ebla
di Paolo Matthiae
ROMA (29 gennaio) - In un eccezionale testo degli Archivi Reali di Ebla, redatto quasi 4500 anni fa nell’antichissima metropoli di Siria, in cui si prescrivono in dettaglio tutti i riti di una fondamentale cerimonia sacra lunga tre settimane, che aveva come scopo il rinnovamento della regalità e con essa della fertilità universale, si ricordano i due templi dedicati al sommo dio della città, Kura, dove rispettivamente i riti avevano inizio e si concludevano. 

L’inizio delle cerimonie aveva luogo in un tempio del dio vicino alla Porta di Kura presso la cinta muraria della città, dove la regina entrava per abbigliarsi sontuosamente dopo aver passato la notte nei campi nella dimora del padre aspettando il levar del sole. Dopo un lungo pellegrinaggio in centri vicini durante il quale il re e la regina, accompagnati dalle preziose statue cultuali del dio Kura e della sua sposa Barama e dai maggiori dignitari, facevano offerte e sacrifici nei mausolei dei predecessori regali divinizzati, la conclusione dei riti descritti nel “Rituale della regalità” avveniva con l’ingresso solenne della coppia regale nel tempio di Kura eretto nell’area del Palazzo Reale, denominato Saza, per la definitiva consacrazione. 

Negli ultimi anni di scavo della Missione archeologica dell’Università di Roma La Sapienza, tra il 2004 e il 2007, un intenso impegno di lavoro ha permesso di riportare alla luce il primo di questi due templi, denominato il Tempio della Roccia perché eretto sulla nuda roccia su una collinetta nella periferia sud-orientale della città bassa che deve esser stato l’originario luogo di fondazione della città protosiriana nella prima metà del III millennio a.C. 

Nella campagna di scavo conclusa da poche settimane, un nuovo straordinario successo hanno conseguito gli archeologi della Facoltà di Scienze Umanistiche della Sapienza. E’ stato individuato e parzialmente riportato alla luce il Tempio di Kura del Saza, costruito sul ciglio occidentale della collina centrale dell’Acropoli di Ebla, che si trovava a brevissima distanza dal portale monumentale di accesso all’area del Palazzo Reale, come indicano i testi degli Archivi, e dominava con la sua mole la sottostante città bassa.

Localizzato al di sotto del grande Tempio di Ishtar della successiva città paleosiriana degli inizi del II millennio a.C., il nuovo Tempio Rosso, così denominato per l’insolito colore rossiccio violaceo dei mattoni crudi delle sue strutture murarie, si estendeva per quasi 25 metri di lunghezza e, secondo la tipica tradizione degli edifici sacri di Siria e Palestina, comprendeva solo un profondo vestibolo a due colonne con ante in facciata e una cella pressoché quadrata: nella cella erano quattro colonne che dividevano lo spazio in una navata centrale più ampia e due minori navate laterali. I testi degli Archivi ricordano che nel santuario dovevano essere presenti statue divine preziose per la cui realizzazione e manutenzione gli artisti del Palazzo ricevevano anche notevoli quantità di argento e d’oro.

Sui resti del Tempio Rosso, distrutto verso il 2300 a.C. da Sargon di Akkad, l’eroico sovrano che la millenaria tradizione mesopotamica proclamava vittorioso in guerre innumerevoli, si impiantò poco dopo il 2000 a.C. il monumentale Tempio di Ishtar con le sue poderose fondazioni in pietra. Ma alcune strutture del santuario più antico sono conservate per oltre 2 metri di alzato e tra i due santuari sono stati recuperati i resti di un terzo tempio, più modesto di quello più antico certo originariamente fastoso, costruito verso il 2100 a.C., che aveva un vestibolo, un’antecella e una cella.

Le scoperte del Tempio della Roccia e del Tempio Rosso illuminano straordinariamente l’antichissima storia di Ebla. Il primo santuario, sul luogo di tre fonti d’acqua dolce inglobate nella cella, doveva essere considerato la residenza mitica del dio Kura, una divinità delle profondità degli abissi dove scorrevano le acque che recavano la fertilità alla terra riarsa e su quel luogo, scelto dal dio, gli uomini avevano fondato il primo nucleo dell’antichissima città. Il secondo tempio, ora riportato alla luce, era, invece, il santuario dinastico degli ultimi re di Ebla che hanno lasciato testimonianze scritte nei testi degli Archivi, da Igrish-Khalab a Ishar-Damu, e che ebbero l’ardire di sfidare, senza fortuna, il grande Sargon, dopo una serie di vittorie militari su città importanti d’alta Siria e d’alta Mesopotamia.

Questi sovrani risiedevano in un palazzo dalle scenografie grandiose e tenevano rapporti con paesi assai remoti, dall’Afghanistan nel lontano Oriente, dove era la leggendaria terra di Aratta, da cui arrivavano enormi quantità di lapislazzuli grezzi, fino all’Egitto dell’Antico Regno, che certo inviavano grandi quantità di oro nubiano alla metropoli di Siria. Chefren, il costruttore della seconda piramide di Giza aveva spedito doni preziosi ad Ebla e l’ultimo re della città distrutta da Sargon, Ishar-Damu, poco prima della catastrofe aveva ricevuto pregiati vasi in pietra da Pepi I, il potente faraone che allora regnava a Menfi.

La scoperta del Tempio Rosso sull’Acropoli di Ebla è un contributo fondamentale alla ricostruzione della topografia sacra e della vita religiosa dell’antichissima città di Siria, ma è anche la conferma del ruolo fondamentale svolto da Ebla nella fondazione delle tradizioni architettoniche dell’area occidentale del Vicino Oriente antico. Il Tempio della Roccia e il Tempio Rosso di Ebla, del XXIV secolo a.C. sono, per la loro concezione spaziale, all’origine di una secolare tradizione di eccezionale continuità che fece sì che, quasi un millennio e mezzo più tardi, nel X secolo a.C., proprio ispirandosi ad assai più sontuose fabbriche templari dei contemporanei regni aramaici di Siria, Salomone erigesse il Tempio di Gerusalemme, noto solo da una famosissima descrizione biblica, che tanta influenza avrebbe avuto in creazioni dell’architettura sacra dell’Occidente.

http://www.ilmessag gero.it/articolo .php?id=44303& sez=HOME_ SPETTACOLO




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