Lavorando a questo numero mi è apparso ancora più chiaro che già sarebbe sufficiente fare alcune cose e magari non farne altre, per riuscire a migliorare e di molto la qualità della propria vita. Tempo addietro, per qualche anno ho organizzato il colon cleaning, scoprendo l’acqua calda. Come dire la metafora della banalità diventa semplice verità. L’acqua, fonte di vita è il bene più prezioso dopo l’aria, eppure è il più sottovalutato.
Siamo tempestati dalla pubblicità di migliaia di bevande ma l’acqua la beviamo raramente. Oppure come pecore beviamo l’acqua in bottiglia che ci viene anch’essa pubblicizzata, con l’idea che se è in bottiglia e se si paga dovrebbe essere cosa buona. Non è così. Il 99% delle acque in bottiglia sono mediocri se non cattive, ma i media non possono dire questa semplice verità perché il business delle pianificazioni pubblicitarie dell’acqua in bottiglia è troppo importante per rischiare di perderlo.
E l’acqua pubblica? I parametri per definirla potabile sono bassissimi. Anche l’acqua pubblica in genere è bevibile ma pessima. E allora? Per prima cosa è da comprendere che l’importanza di bere tanta acqua per il nostro organismo non può prescindere dalla lapalissiana conseguente verità che più l’acqua è buona e più può avere effetti benefici per la nostra salute. Mentre è ovvia l’altra lapalissiana verità che se non è buona non fa sicuramente bene. E’quindi fondamentale per tutti garantirsi la possibilità di bere molta acqua e più pura possibile.
In questo numero troverete diversi spunti e possibilità. Io personalmente ho un impianto a osmosi inversa tarato in modo da consentire il passaggio di elementi minerali. Poi prima di bere la faccio energizzare con i cristalli e microrganismi in ceramica. Ma non sono le uniche modalità. Quello che importa è mettere energia, attenzione, pensiero, per trovare il proprio modo di darsi la migliore acqua possibile. E non è il caso di risparmiare. Ci sono sul mercato delle barzellette chiamate purificatori che per poche decine di euro promettono di filtrare e purificare. No, perché davvero l’acqua sia purificata da tutti gli elementi chimici, batteriologici, inquinanti il macchinario deve essere più complesso e quindi anche costoso. Questa è una cosa che spaventa molti che dicono di non potersi permettere la spesa di mille o duemila euro senza pensare che magari corrisponde alla spesa quotidiana di un paio di bottiglie d'acqua minerale mediocre.
Dopo la presa di coscienza di questo primo passo che consente di garantirsi davvero della buona acqua, si tratta di voler cambiare un po’ abitudini. Si perché non siamo davvero abituati a bere tanto. La cosa migliore è abituarsi appena svegli a digiuno a bere un po’d' acqua tiepida, meglio calda.. Si magari all’inizio non è il massimo ma è questione di poche settimane, poi sarà il corpo che ti chiede l’acqua appena sveglio. E poi l’altro assunto da interiorizzare è che non si deve aspettare di avere sete per bere acqua. Quando hai sete vuol dire che ti sei dimenticato di bere prima. La buona abitudine da prendere è invece quella di bere spesso qualche sorso. Un altro suggerimento elementare è di aggiungere spesso all’acqua un po’di limone.
Non ci vuole niente ed è di grande aiuto perché il limone, come avrete modo leggere più avanti, rende l’acqua alcalina. Una buona abitudine è quella, sempre la mattina, prima di uscire riempirsi una bottiglia d’acqua spremendoci un paio di limoni.
Un altro piccolo imput, che vi posso dare è di dare importanza al sale. Leggete il box a piè di pagina. Anche per il sale non è il caso di risparmiare. Abolite il sale di monopolio dove dovrebbero scrivere NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE e comprate il sale dell’himalaya, il migliore o almeno il sale nero, il sale del mar morto Risparmiare sul sale è masochismo. Col sale dell’Himalaya abbinato all’acqua ci si può addirittura curare.
Ottimo il libretto del Punto d’Incontro "Curarsi con acqua e sale". Sto facendo qualche pubblicità? Viva dio quando si può dare degli sbocchi concreti alle cose che si dicono. Re Nudo è pieno di questa pubblicità. E’ parte integrante della ragion d’essere e della mission della rivista. E’ un condizionamento del modello culturale dominante quello che vive la pubblicità come elemento negativo. Perché la questione di fondo è cosa si pubblicizza. Se quello che viene promosso lo riteniamo davvero utile per il lettore, dovremmo pubblicizzarlo gratuitamente se potessimo. Altroché occultarlo. Mi fermo qui perché è finito lo spazio. Buona lettura.
SALE PEGGIO DEL FUMO Gli italiani mangiano troppo salato: nove su dieci introducono ogni giorno in media 10 grammi di sale, il doppio della quantità giornaliera raccomandata. Lo dimostrano i dati preliminari della prima fotografia sui consumi di sale nel nostro Paese, presentata in anteprima a Firenze durante il Congresso dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO). Con un cucchiaino da tè in meno di sale ogni giorno si potrebbero evitare 67 mila casi d’ infarto all’anno, 40 mila ictus, con vantaggi sulla salute molto elevati. I rischi di una alimentazione troppo salata sarebbero infatti maggiori addirittura di quelli legati al fumo e al sovrappeso. Lo studio Minisal-Gircsi, coordinato da Prof Strazzullo dell’Università di Napoli Federico II in collaborazione con l’ISS (l’istituto superiore di Sanità), l’Istituto Nazionale di Ricerca sugli Alimenti e la Nutrizione (INRAN), l’Università Cattolica di Campobasso, l’Università di Foggia e la Fondazione per l’ipertensione arteriosa, ha permesso di monitorare circa 3000 adulti tra i 35 e i 79 anni.
Secondo le raccomandazioni dell’Oms il consumo di sale quotidiano non dovrebbe superare i 5 grammi ma gli italiani ne introducono in media il doppio: solo il 14 per cento delle donne e appena il 4 per cento degli uomini non oltrepassano tali limiti. Delle regioni esaminate fino ad oggi, tutte hanno un consumo superiore ai 9 grammi negli uomini e a 7 grammi nelle donne adulte (35-79 anni). Maglia nera al Sud: in Basilicata, Calabria e Sicilia si introducono in media 2 grammi di sale in più al giorno, rispetto alla media dei 10 grammi.
tratto da
Renudo