Un’ipotesi che potrebbe rivelarsi interessante valutare è che il nostro Universo non sia altro che uno fra tanti Universi che esistono contemporaneamente...
...C’è sempre un altro modo di dire la stessa cosa che non assomiglia affatto al modo in cui l’hai detta prima. Di questo non conosco la ragione. Penso sia in qualche modo una rappresentazione della semplicità della natura...
Richard P. Feynmann, 1966
È possibile fari un’idea di come può essere stato l’Universo nelle sue prime fasi evolutive? Cosa significa dire che la radiazione dominava sulla materia? Per rispondere a queste domande dobbiamo pensare che la radiazione presente nell’Universo primordiale era molto più densa e molto più calda dello stato attuale. Sulla base della teoria della Relatività Generale di Einstein è possibile dimostrare che la temperatura segue una legge di proporzionalità inversa rispetto al raggio dell’Universo, quindi è destinata a diminuire nel tempo dal momento che l’Universo è in una fase di espansione.
Ricostruendo a ritroso la storia cosmologica, possiamo stimare che la temperatura, dopo un decimillesimo di secondo dal big bang, fosse dell’ordine di mille miliardi di gradi Kelvin dopo di che, attraversando varie fasi, siamo scesi agli attuali 2,7 gradi Kelvin, ossia a circa – 270 gradi Celsius.
La cosa interessante è che, a volte, alcune semplici osservazioni legate alla fisica quotidiana possono suggerirci importanti spunti per comprendere i misteri più profondi dell’Universo raggiungendo conclusioni originali. In questo la Fisica mostra senza dubbio il suo lato più affascinante.
Supponiamo ad esempio di prendere una bomboletta spray e di spruzzare, per alcuni secondi, il suo contenuto in aria senza che via sia alcuno scambio di calore tra la bomboletta e l’ambiente esterno (espansione adiabatica). La bomboletta è un sistema che si basa sull’equilibrio tra un liquido ed il suo vapore. Un propellente gassoso ad alta pressione (in genere propano, ora che i clorofluorocarburi sono vietati poiché corresponsabili della formazione del “buco” dell’ozono), azionando un piccolo pistone ed una valvola, viene compresso forzando il propellente liquido a risalire lungo un sottile tubicino interno e a fuoriuscire dalla bomboletta in forma nebulizzata. Una molla di richiamo, in seguito, richiude la valvola.
Durante questo semplice esperimento è facile costatare che la bomboletta si raffredda. Per lo stesso motivo l’aria calda, quando s’innalza, raggiungendo zone più rarefatte, causa una minore pressione atmosferica, si espande e si raffredda, abbassando quindi la temperatura dei siti posti in alta quota.
La spiegazione di questo fenomeno consiste nel fatto che, in entrambi i casi, le molecole del gas, per espandersi, devono farsi largo contro la resistenza di altre molecole: le molecole del propellente liquido, nel caso dello spray, le molecole d’aria preesistenti nelle zone più rarefatte, nel caso dell’espansione dell’aria calda. Ciò comporta un consumo di energia. Nell’allontanare le molecole antagoniste, quelle del gas in espansione svolgono un lavoro e rallentano, ossia perdono energia cinetica, con la conseguenza che si raffreddano.
Generalizziamo ora la situazione introducendo una variante. Immaginiamo di ripetere lo stesso esperimento nel vuoto, eseguendo quella che viene definita un’espansione libera: il gas, che fuoriesce dalla bomboletta, in questo caso espandendosi nel vuoto, non incontra forze antagoniste a causa della totale assenza di molecole esterne, pertanto, non svolgendo alcun lavoro, la sua energia interna totale rimarrà costante.
Tuttavia si possono configurare due scenari: possiamo considerare il caso in cui il gas che si espande sia rarefatto, al punto che le sue molecole possiedano un’estensione trascurabile rispetto alla loro distanza media e le forze attrattive intermolecolari, essenzialmente di natura elettrica, siano deboli (gas perfetto), a fronte della situazione in cui il gas inizialmente si trovi ad essere estremamente compresso, quindi in una condizione di elevata densità (gas reale). In quest’ultima situazione, al fine di calcolare l’energia interna totale del sistema, oltre all’energia cinetica, legata al moto delle molecole, sarà necessario aggiungere la loro energia elettrica, la quale dipende dalla distanza intermolecolare.
L’espansione libera del modello di gas perfetto, in cui l’energia interna è solo energia cinetica, non genera alcun rallentamento nelle molecole del gas e quindi la temperatura del sistema rimarrà costante.
Al contrario, per un gas reale, la situazione è un po’ più complessa: dovendo l’energia interna rimanere costante durante l’espansione libera, operazione che comporta comunque un allontanamento delle molecole, e quindi un aumento di energia potenziale elettrica, si verificherà una diminuzione di energia cinetica. Il bilanciamento tra energia cinetica ed energia potenziale elettrica, necessario per mantenere costante l’energia totale, comporta un raffreddamento del gas. Tale fenomeno è noto con il nome di effetto Joule – Thomson.
Tuttavia quello che si riscontra è che la temperatura diminuisce nel tempo con una legge matematica diversa da quella che riteniamo essere la migliore ricostruzione termica dell’Universo.
Per gli amanti degli approfondimenti specialistici posso andare oltre dicendo che anche l’eventuale considerazione di un fluido relativistico in espansione libera, ossia di un gas le cui molecole sono dotate di velocità prossime a quella della luce, non sposta sostanzialmente le conclusioni in quanto il ritmo del raffreddamento cosmico risulta essere diverso dalle previsioni.
La conclusione cui siamo giunti dimostra quindi l’impossibilità che l’Universo si stia espandendo nel vuoto, assomigliando piuttosto al modello dello spray descritto in precedenza.
A questo punto viene da chiedersi cosa ci sia al di fuori del nostro Universo. Un’ipotesi che potrebbe rivelarsi interessante valutare è che il nostro Universo non sia altro che uno fra tanti Universi che esistono contemporaneamente e che si stanno evolvendo adiabaticamente secondo fasi di espansione o contrazione coerenti con gli scenari previsti dai modelli relativistici di Friedmann. Quindi al di fuori del nostro Universo forse ci sono altri Universi.
Una tale situazione non è del tutto nuova nella fisica quantistica. Senza addentrarci troppo in questioni eccessivamente tecniche che ci porterebbero oltre gli obiettivi di questo articolo, accenniamo solo all’ipotesi dei “molti mondi” di Everett (Reviews of Modern Physics, Vol.29 – 1957)
Com’è noto, secondo la scuola di Copenaghen, i singoli stati di un sistema quantistico si trovano in una condizione di sovrapposizione: ossia esistono fisicamente separati ed alternativi gli uni agli altri. Al momento della misura, in modo selettivo, avviene il cosiddetto collasso della funzione d’onda: in modo misterioso uno stato viene selezionato casualmente mentre gli altri semplicemente spariscono senza lasciare traccia.
Secondo l’interpretazione di Everett si attribuisce invece realtà fisica a tutti i possibili stati, i quali vengono pensati come esistenti simultaneamente in Universi paralleli fra loro non comunicanti.
Tutti gli stati fisici possibili sono realizzati, ma ciascuno in una diversa copia dell’Universo, ciascuna delle quali è essa stessa costantemente soggetta a moltiplicazione in corrispondenza di ogni processo di misura. In tal modo non si verificherebbe più il collasso della funzione d’onda ma, un “multiverso” di Universi paralleli: l’infinita generazione e proliferazione di nuovi Universi ramificati (“pluriuniversi”).
Senza dubbio un’idea affascinante, ma in parte anche imbarazzante: infatti saremmo costretti a supporre che i vari Universi non possano comunicare fra loro e che in ognuno di essi sia presente una nostra copia …
D’altro canto un tale scenario riuscirebbe, in una qualche misura, a giustificare anche eventuali modelli cosmologici relativistici caratterizzati da fasi di big crunch (grande collasso) o addirittura oscillanti con ripetizioni di cicli che alternano periodicamente big bang e big crunch.
Il secondo principio della termodinamica sembrerebbe proibire la possibilità di tali modelli. In effetti l’entropia dell’Universo non può mai diminuire e nella fase del collasso, durante il ritorno allo stato iniziale, alcuni fisici hanno tentato di giustificare un aumento dell’entropia solo introducendo ipotesi alquanto forzate.
L’idea dei “molti mondi” di Everett supera abbastanza naturalmente questa difficoltà poiché la seconda legge della termodinamica verrebbe applicata non ai singoli sottosistemi formati dai singoli Universi, ma al sistema isolato complessivo formato dall’unione dei vari Universi. Pertanto risulterebbe possibile violare localmente la legge di accrescimento dell’entropia, ma non globalmente. Non vi sono prove circa la conferma scientifica dell’ipotesi di Everett, né dell’inevitabilità di tale modello come unica conseguenza dell’impossibilità di avere espansioni libere a livello cosmologico, ma certo risulta sorprendente come semplici considerazioni termodinamiche condotte a partire da una bomboletta spray possano portarci ad intuire la possibilità di modelli cosmologici anche piuttosto complessi.
A costo di essere forse ripetitivo, voglio ancora una volta sottolineare come un’espansione cosmologica nel vuoto risulti incompatibile con i dati osservativi; difficile dire se l’idea degli Universi paralleli sia l’unica spiegazione corretta, ma credo si possa affermare, con una certa convinzione che, fuori dal nostro Universo, ci sia qualcosa.....
di Prof. Fausto Bersani Greggio (Liceo Scientifico A. Volta – Riccione)
tratto da scienzaeconoscenza