Il Paese è ancora sotto choc per il disastro abruzzese, nazionale. Ognuno di noi si sente vicino, ci stringiamo a loro, piangiamo con loro. Quando un giornalista per suo mestiere si trova ad informare, deve tener conto di tre momenti: quello del racconto, quello della riflessione e quello dell'azione. Ma nell'informazione odierna, in Italia, questi sono miscelati in una salsa da talk show: il primo si fa confuso, la riflessione diviene pretesto per ricordare “disattenzioni” del passato, il terzo si sconquassa in un salotto politico dove gli uni attaccano gli altri, e viceversa. Infine, uno strato di tempo andrà ad eclissare l'evento, che diventerà storia.
Intanto nell'animo umano rimane, molte volte inconscio, il dramma vissuto. Bisogna ritrovare fiducia e, soprattutto, sicurezza, di una
casa, di una vita. Ripartire da un disastro si può e il nostro Paese è sempre emerso per creatività, il saper inclinare la fervida immaginazione ad altezza d'uomo, dei suoi problemi.
Nel 1997, durante il terremoto che ha colpito Umbria e Marche, la gestione dell’emergenza e la ricostruzione è stata esemplare per la prova di saldezza del tessuto civile e del rapporto tra cittadini, istituzioni e società civile organizzata. Vale la pena ricordarlo per rendersi conto di quale capitale sociale rappresenti la fiducia, tra i cittadini che si prendono cura gli uni degli altri, ma anche tra loro e le istituzioni. Su quel capitale sociale è stato peraltro fondato, nei mesi successivi all’emergenza, il “modello umbro” di ricostruzione di edifici privati affidata all'autonoma iniziativa e responsabilità delle famiglie interessate, che con tecnici e imprese da loro scelti hanno realizzato gli interventi di ricostruzione, nel quadro delle regole stabilite dal Parlamento e dalla Regione per l’erogazione delle risorse e per la realizzazione degli interventi. Il rigore delle regole e l’esclusione di ogni forma di deroga dalle procedure ordinarie è stato uno dei punti più qualificanti del modello. E’ il caso, che poi ha fatto scuola a livello nazionale, del cosiddetto Durc, documento unico di regolarità contributiva introdotto con legge regionale nel 1998, a garanzia della regolarità delle imprese impegnate nella ricostruzione, prima condizione per la qualità degli interventi e soprattutto per la sicurezza dei lavoratori.
Dopo il racconto del naufragio, Robinson Crusoe, solo sopravvissuto, scrive: “...non avevo che un coltello, una pipa e una scatola con un po' di tabacco...”. Nonostante il pensiero angosciante, saranno proprio quelle le risorse da cui egli riuscirà a ripartire. Osservando l'orgoglio e la forza del popolo abruzzese, siamo ancor più fiduciosi che da un evento così intenso ci sia ancora, nel fondo del cuore, la spinta verso un futuro migliore.
da buonenotizie.it