La medicina tradizionale messicana si avvale, da secoli, della figura dei curanderos
Guaritori che, tra spiritualità e magia, spesso riescono laddove la medicina ufficiale non è riuscita. L’intervista all’esperto
In Messico esiste da secoli una figura chiamata curandero. È il guaritore che opera per mezzo della medicina tradizionale, frutto dell’esperienza e delle tradizioni delle antiche popolazioni pre e post-ispaniche, tramandate di generazione in generazione.
Oggi, la figura del curandero è sempre meno diffusa in quanto restano pochi individui di una certa età ancora all’opera e i giovani, chiamati a continuare il “mestiere” del curandero, spesso non rispondono e preferiscono condurre la propria vita senza troppi grattacapi e responsabilità che questa attività – peraltro prestata interamente a titolo gratuito – comporta.
Di curanderos ne esistono pricipalmente due figure: il curandero, diciamo così, classico e il granicero, ossia colui che è stato scelto dal fulmine. Sì, una persona che è stata colpita da un fulmine, che è sopravvissuta, e che ha acquisti dei poteri particolari che lo fanno essere un vero e proprio manipolatore del tempo – coadiuvato dagli “esseri” spirituali definiti i “lavoratori del tempo” (trabajadores del tiempo) con cui sono in contatto da dopo che hanno vissuto questa elettrizzante, quanto drammatica, esperienza
.
Ma chi sono questi curanderos o graniceros? Come operano e cosa possono fare? Cos’è la medicina tradizionale messicana? Per rispondere a queste e altre domande ci siamo rivolti a un esperto, il dottor
Maurizio Romanò, antropologo che per anni ha studiato il fenomeno, recandosi personalmente in Messico, conoscendo e interagendo direttamente con i curanderos e graniceros. Come complemento ai suoi studi, il dottor Romanò ha anche pubblicato un libro per le Edizioni Xenia, dal titolo “Nei cieli del Messico – Spiriti, fulmini e siamani”, in cui riporta proprio questa sua interessante esperienza.
Dottor Romanò, cosa significa “curandero” e chi sono i curanderos?
«In Messico per curandero si intende chiunque operi nel campo della salute fisica e mentale, utilizzando metodi, tecniche e conoscenze tramandate di generazione in generazione.
I curanderos sono i detentori di un sapere ancestrale, e l’efficacia delle loro pratiche curative è attestata dal giudizio popolare. Indio o meticcio, il curandero organizza le sue conoscenze attingendo da fonti diverse, e sebbene in lui predomini l’antica sapienza dei popoli preispanici, non disprezza gli apporti della magia e della scienza occidentali, introdotte in Messico con la conquista spagnola. Per questo, anche se in termini generali è possibile parlare di una medicina tradicional, occorre chiarire che essa si presenta in una molteplice varietà di forme ed espressioni», spiega il dottor Romanò.
«I curanderos spesso si raggruppano in organizzazioni, chiese, confraternite, associazioni, con una denominazione che li identifica. Nei villaggi in cui non esistono istituzioni così strutturate, il curandero viene comunque individuato da un nome che ne specifica le competenze. Così è possibile incontrare dei Curanderos Espiritistas, che praticano riti di tipo medianico; Espiritualistas, raggruppati in vere e proprie chiese, realizzano interventi terapeutici di tipo spirituale; Yerberos, che prescrivono cure a base di erbe; Hueseros, ossia coloro che ricompongono fratture; Parteras, le levatrici tradizionali; Brujos, che si dedicano a opere di stregoneria e così via – aggiunge Romanò – Ogni curandero è quindi in possesso di un proprio sapere medico, che può essere prevalentemente di tipo empirico come nel caso degli yerberos, degli hueseros, delle parteras, o di tipo magico come per gli espiritualistas, gli espiritistas e i brujos – anche se spesso i due livelli sono compresenti nei processi curativi di ogni curandero».
Quali sono le radici della medicina tradizionale messicana?
«Bisogna innanzitutto distinguere due componenti: la componente indigena e quella europea», sottolinea Romanò.
- La componente indigena
«All’arrivo degli spagnoli, i mexica - popolazione di lingua nahuatl meglio conosciuta con il nome di aztechi - esercitavano la loro egemonia politica e culturale su gran parte del territorio mesoamericano. Nella società mexica la malattia era considerata come un intervento delle divinità, o meglio come una normale reazione delle forze sovrannaturali nei confronti del comportamento umano. Dèi, esseri sovrannaturali di ogni sorta, uomini malvagi e una serie interminabile di entità e oggetti della natura dotati di una propria “volontà”, erano le cause più frequenti di malesseri di ogni tipo. Tutto quanto poteva trasmettere una propria energia, o anche essere la manifestazione di un altro essere più potente o il suo tramite per l’azione, era in grado di guarire oppure di produrre un danno alla persona», spiega Romanò.
«Il medico, comunemente chiamato ticitl, godeva di grande rispetto ed era ovunque tenuto in grandissima considerazione. Il ticitl era soprattutto un mago che interpretava e trattava la malattia come un segno inviato da forze sovrannaturali, e il suo intervento si presentava come una sintesi inestricabile di religione, magia ed empirismo.
Uomini e donne erano considerati egualmente adatti per praticare l’attività medica, ma mentre per i primi l’attività poteva iniziare con l’età adulta, per le donne solitamente la pienezza delle facoltà giungeva con il climaterio.
Generalmente le conoscenze mediche venivano trasmesse direttamente dagli anziani ai giovani apprendisti, spesso appartenenti alla stessa famiglia o lignaggio. Molto importante era però la determinazione dei segni sovrannaturali che indicavano la predestinazione del futuro medico. Poiché il guaritore azteco era considerato come un tramite con le energie onnipotenti dell’universo, prima di dare inizio all’apprendistato del giovane i guaritori più anziani esaminavano gli indizi sovrannaturali che lo indicavano come un prescelto dagli dèi. Il segno di nascita, la conformazione di una parte del corpo che si allontana dalla norma, un evento straordinario accaduto nel corso della vita del giovane, potevano essere interpretati come segnali di una chiamata delle divinità.
All’interno della professione si distinguevano numerosi specialisti, ognuno dei quali si occupava di un certa classe di disturbi oppure eccelleva in un determinato tipo di terapia. Fra questi il tetlacuicuiliani estraeva il male dal corpo del malato, il tetonalmacani era in grado di recuperare il tonal allontanatosi dal corpo del proprio paziente, il tepatiani conosceva le misteriose proprietà delle erbe, il teitzminqui praticava salassi, il teixpatiani si occupava dei disturbi degli occhi, il texoxotla utilizzava tecniche di tipo chirurgico, e molti altri ancora».
- La componente europea
«Come è noto nell’Europa del 1500 l’attività terapeutica era svolta, oltre che dai pochi medici di formazione accademica, da numerose figure non bene definite che avevano appreso alcune tecniche curative attraverso il contatto diretto con altri guaritori. Basti ricordare che all’epoca le estrazioni dentarie, i salassi e alcune rudimentali operazioni chirurgiche venivano eseguite dai barbieri. I farmaci più utilizzati erano anche in Europa le piante medicinali, prescritte da erboristi legati alla tradizione contadina, che spesso si prodigavano anche nella cura dei disturbi provocati da fatture, malocchio, invidia, e altre cause di tipo magico – sottolinea il dottor Romanò – Questa medicina popolare, nella quale i procedimenti scientifici ed empirici si mischiavano con preghiere ed esorcismi, presentava numerose similitudini con la tradizione indigena, e si diffuse con una certa facilità nel Paese.
La confluenza di questi diversi orientamenti nelle concezioni di salute e malattia, nella diagnosi e nella terapia, e la formazione di un nuovo gruppo sociale nato dall’incontro delle due razze, i mestizos, portò alla comparsa di un diverso approccio medico chiamato medicina tradicional».
La “medicina ufficiale” come vede queste figure (e pratiche)?
«La medicina ufficiale ha sempre tollerato la presenza di queste figure. Da un lato i medici di formazione scientifica hanno operato una campagna di svalutazione della medicina tradizionale bollandola come antiquata e superstiziosa, dall’altro se sono serviti nei casi in cui la scienza non aveva successo, suggerendo agli stessi pazienti di rivolgersi a curanderos di loro fiducia. Inoltre in numerose comunità indigene isolate, dove la presenza del Servizio Sanitario Nazionale non era sufficiente a rispondere ai bisogni di salute dei cittadini, i curanderos hanno sempre svolto una funzione importantissima».
Una figura curiosa sono i “graniceros”, i colpiti dal fulmine. Cosa distingue questi personaggi dai curanderos tradizionali?
«I graniceros sono (erano?)… Chissà se ne esistono ancora?? Già diversi anni or sono mancavano giovani che si dedicavano a questo culto. Le ragioni sono fondamentalmente da ascrivere alla modernizzazione, al cambiamento nei sistemi di produzione (i contadini una volta andavano a lavorare nei campi lontani dal proprio villaggio, e se venivano sorpresi da un temporale non avevano alcun riparo), e da una maggior presenza della medicina scientifica (ora se una persona viene colpita dal fulmine viene trasportata in ospedale)», fa notare Romanò.
«A ogni modo, sono dei curanderos che oltre a dedicarsi alla cura di alcuni disturbi psicofisici, sono ritenuti capaci di controllare gli elementi atmosferici, e quindi di chiamare o allontanare nubi e pioggia. Gli appartenenti a questo gruppo vengono comunemente chiamati con il termine spagnolo graniceros, o in nahuatl, lingua degli antichi aztechi, quiapequi, e anche con la definizione che loro stessi si danno los que trabajan con el tiempo, ossia coloro che lavorano con il tempo.
I graniceros sono organizzati in corporazioni ognuna delle quali fa riferimento a un suo luogo sacro, una grotta, da essi chiamata templo (tempio). Il gruppo è molto ristretto e i suoi componenti si differenziano da altri guaritori per essere stati scelti “desde Arriba”, cioè dall’Alto. Solamente coloro che vengono colpiti dal fulmine e vi sopravvivono, ottenendo particolari rivelazioni di tipo spirituale e poteri magici, sono chiamati a far parte dell’istituzione. Un rifiuto del predestinato lo condannerebbe a soffrire per sempre le dolorose conseguenze del fulmine, sino a quando non sopraggiunga la morte.
Tutti i graniceros da me avvicinati affermavano con decisione di avere intrapreso questo cammino non a seguito di una loro iniziativa, ma come conseguenza di una chiamata da parte degli spiriti. Questi spiriti sono da loro chiamati trabajadores temporaleños, ossia “lavoratori del/col tempo”, presentatisi attraverso il fulmine. L’essere colpiti dal fulmine è segno di elezione; chi vi sopravvive dovrà collaborare con queste forze operando nel mondo degli esseri umani, chi muore svolgerà la propria attività fra gli spiriti del tempo».
I graniceros affermano di essere dei “mezzi” che operano per mano e volontà di Dio. Secondo lei, questa posizione è dettata da una reale esperienza o, nel tempo, è stata incorporata per poter continuare a operare senza rischiare di essere messi al rogo?
«In molte tradizioni mediche del mondo si ritiene che il potere di curare sia un dono che viene concesso dalla volontà divina; questa non è una peculiarità della tradizione messicana. In Messico, a seguito della conquista spagnola, gli spiriti e dèi indigeni hanno modificato i loro attributi, e sono stati assimilati alle figure sacre della tradizione cattolica. Da questo punto di vista, se un tempo era Tlaloc (divinità della pioggia, dei fulmini e di tutte le acque celesti) che con i suoi assistenti Tlaloques (piccoli spiriti delle acque che dimoravano sulle vette delle montagne, nelle grotte, nelle sorgenti di fiumi e ruscelli) a sovrintendere e regolare l’equilibrio fra gli esseri umani e gli elementi atmosferici, con la colonizzazione e la conseguente repressione delle tradizioni indigene queste entità spirituali sono state sostituite con l’immagine del Dio cattolico e degli angeli suoi aiutanti».
La tradizione “medica” tradizionale messicana ha esportato la sua filosofia e pratica anche in altri Paesi o resta confinata nella nazione?
«Non mi sembra che queste pratiche abbiano trovato fortuna in altri luoghi, diversi dal contesto culturale in cui sono nate e si sono sviluppate. E’ però vero che in altri Paesi dell’America Latina esistono tradizioni simili a quelle messicane, per via della comunanza di radici culturali e di processi storici».
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Chi è
Maurizio Romanò Psicologo, psicoterapeuta di formazione psicoanalitica junghiana. Antropologo.
Svolge la sua attività a Milano
Come antropologo ha realizzato ricerche in Nepal e Messico (con il contributo del CNR, dell'Is.M.E.O - Istituto di Studi per il Medio ed Estremo Oriente -, e dell'I.N.A.H. - Instituto Nacional de Antropología e Historia del Messico), compiendo numerose spedizioni per la documentazione audiovisiva di rituali terapeutici, e realizzando diversi documentari ed audiovisivi di tipo etnografico.
Già direttore della collana di testi ‘I Nagual’ - Viaggi Sciamanici, della casa editrice Xenia di Milano, ha collaborato con diverse ONG in Italia ed Australia per la realizzazione di progetti di cooperazione con i Paesi in via di sviluppo.
E’ autore di libri e articoli sull’arteterapia e sulle medicine popolari. Fra questi: “La Terapia Artistica del Biodramma”, Gruppo Futura, Milano, 1996. e “Nei cieli del Messico. Spiriti, fulmini e sciamani”, Xenia, Milano, 2000.
tratto da
lastampa.it