A Ginevra via all'esperimento per svelare i misteri. dell'universo. Ma c'è chi teme la fine del mondo
di Emanuele Perugini
ROMA (18 agosto) - Il prossimo dieci settembre il mondo potrebbe essere diverso da quello che conosciamo. Per esempio potremmo accorgerci che esistono altre dimensioni oltre quelle, sono quattro, che conosciamo. Oppure potremmo scoprire dove si nasconde la gran parte della materia e dell’energia che compone l’Universo e che oggi sfugge alla nostra vista: la materia oscura. Infine potremmo scoprire come è organizzata intimamente la materia e quali sono le particelle che la compongono e che la fanno funzionare secondo le leggi che conosciamo. Per qualcuno poi, il dieci settembre potrebbe anche essere la fine del mondo.
Per quella data è infatti previsto l’inizio del più grande esperimento scientifico che l’uomo abbia mai concepito e realizzato: il Large Hadron Collider (LHC) il più grande acceleratore di particelle del mondo. Il Cern di Ginevra ha infatti annunciato che per quella data il primo fascio di protoni ad altissima energia sarà sparato all’interno dell’anello di 27 chilometri che si trova a cavallo tra la Francia e la Svizzera, sotto la catena del Jura.
La macchina, o meglio le complesse macchine che compongono questo straordinario e sofisticato marchingegno, si trovano sotto il livello del suolo a cento metri di profondità. Sono macchine colossali le cui singole componenti del peso di circa 2000 tonnellate sono state assemblate una ad una direttamente sottoterra. Alla fine sono venute fuori strutture grandi quanto la cattedrale di Notre Dame.
E’ il più grande manufatto mai costruito dall’uomo che servirà a far scontrare pacchetti di particelle invisibili ma dotate di una tale energia che ogni scontro genererà piccoli buchi neri, minuscoli Big Bang. Se andrà tutto bene, sarà una specie di rivoluzione copernicana: scopriremo che il nostro universo, il nostro mondo, così come lo vediamo è solo illusione. Che esistono molti universi diversi e che anche quello in cui siamo non ha solo le quattro dimensioni (le tre dello spazio e quella del tempo) a cui siamo abituati, ma molte di più. E’ come se ci rendessimo conto di avere occhi che vedono solo in bianco e nero, quando la realtà è a colori.
All’interno di una comunità di ricercatori che arriva da tutto il mondo il ruolo giocato dai fisici italiani coordinati dall’Istituto Nazionale di Fisica Nazionale (INFN) è davvero di primo piano. E tra loro, in particolare quello delle donne. A una di loro, Fabiola Gianotti, spetta infatti la guida di uno dei principali esperimenti che varranno realizzati a Ginevra, l’esperimento Atlas che raggruppa circa 1600 fisici provenienti da 165 università e istituti di ricerca di tutto il mondo. Le donne italiane sono il 33 per cento di tutta la comunità femminile del CERN, il laboratorio europeo di Ginevra che sta costruendo la macchina e di cui sono stati direttori gli italiani Carlo Rubbia e Luciano Maiani.
Uno dei punti più affascinati di questa macchina è costituito dai suoi magneti. Sono giganteschi pezzi di ferro che servono per trattare in due modi le particelle: strizzarle e lanciarle. “Il fascio di particelle – spiega Leonardo Rossi dell’Infn – non sta insieme facilmente. Tende ad allargarsi un po’, a spampanarsi. Ma a noi serve molto concentrato, perché così quando ne facciamo scontrare due, la probabilità che i protoni si scontrino veramente è alta. Se invece fossero dispersi in un fascio largo e dilatato, passerebbero uno di fianco all’altro senza scontrarsi”. La cosa più straordinaria è che per permettere alla macchina di raggiungere potenze elevatissime i magneti saranno raffredati con elio liquido. Al loro interno la temperatura sarà prossima allo zero assoluto, addirittura più freddi dell’Universo.
I magneti sono dei prodigi di tecnologia italiana: sono stati fatti per molte componenti all’Ansaldo di Genova (l’unica che ha saputo rispondere alla gara d’appalto). Ma qui, è tutta l’industria italiana che lascia il suo segno. Al punto che, fatto il bilancio tra quello che lo Stato italiano paga per il CERN e le commesse alle industrie italiane, si scopre che la nostra economia ci guadagna: spendiamo meno di quello che guadagniamo in commesse.
Nonostante tanta tecnologia e tanta ricerca, c’è però chi teme che LHC possa portare alla fine del mondo. Proprio come succede nel libro di Dan Brown “Angeli e Demoni”. Due ricercatori americani, Walter Wegner e Luis Sancho, hanno deciso di fare di tutto per impedire l’accensione della macchina, al punto da aver fatto ricorso anche al tribunale. I due ricercatori che hanno avviato anche un’intensa campagna di comunicazione sul web, sono convinti che i piccolissimi buchi neri che si creeranno all’interno di LHC sarebbero in grado di mangiarsi “letteralmente” il nostro pianeta nel giro di qualche mese.
Le paure sollevate dai due ricercatori sembrano però essere più motivate dalla fantascienza che non da considerazioni scientifiche vere e proprie. Tanto che paiono ispirate più che dai manuali di fisica teorica, dalle pagine del fantathriller di Dan Brown. Il Cern infatti ma anche l’Istituto italiano di Fisica nucleare hanno voluto rassicurare tutti sulla totale inconsistenza delle accuse, al punto che hanno rivisto ancora una volta tutte le procedure e i vari possibili fenomeni che potrebbero aver luogo dalle collisioni di particelle ad altissima energia. Ebbene, ancora una volta è stato escluso categoricamente che certe ipotesi possano accadere.
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